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Dolore e cervello: come funziona davvero la nostra difesa

Dolore e cervello: come funziona davvero la nostra difesa
Photo by Milad Fakurian – Unsplash
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La percezione dolorosa è più lenta del riflesso motorio, ma è legata a emozioni e ricordi che ci aiutano a evitare danni futuri.

Dolore e cervello: come funziona davvero la nostra difesa
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Il dolore fisico è spesso considerato un segnale di avvertimento, ma perché lo percepiamo? E qual è il coinvolgimento del cervello in questo processo complesso? Potrebbe essere che il dolore giochi un ruolo cruciale nella nostra sopravvivenza? Secondo il professor Michelangelo Buonocore, neurofisiologo presso la Fondazione degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri, “il dolore acuto è un’esperienza soggettiva e personale, simile alle emozioni negative come la paura e la tristezza”. Le sue osservazioni, rese possibili dalla risonanza magnetica funzionale, mostrano come le stesse aree del cervello si attivino di fronte a stimoli dolorosi e emozioni negative.

Il Raccordo Tra Dolore e Riflessi Automatici

Quando accidentalmente tocchiamo una superficie bollente, ritraiamo immediatamente la mano. Questo riflesso istintivo sembra suggerire che un intenso stimolo doloroso abbia avviato la nostra reazione. Ma, è proprio così rapido il cervello? Il professor Buonocore spiega che, dal punto di vista neurofisiologico, il ritiro dell’arto dalla fonte del dolore è un riflesso automatico elaborato nel midollo spinale, non nel cervello. “I tempi fisiologici mostrano che percepiamo il dolore solo dopo aver ritirato l’arto, anche se a occhio umano sembra simultaneo”, aggiunge l’esperto.

Tempistiche del dolore e struttura neurofisiologica

Spingendo ulteriormente le sue ricerche, Buonocore sottolinea come uno stimolo doloroso che interessa il piede si trasformi in una contrazione muscolare misurabile in circa 80 millisecondi. In confronto, l’impulso del dolore raggiunge il cervello in un tempo più che doppio. Questo scarto temporale è impercettibile per un individuo medio, ma fondamentale per comprendere i meccanismi neurofisiologici che guidano la nostra risposta al dolore.

Evoluzione e memoria del dolore

Il dolore non è solo una risposta immediata a un danno fisico; serve anche come guida evolutiva per evitare situazioni dannose. Come afferma il professor Buonocore, “il dolore ci insegna a non ripetere errori passati. Se una volta ci siamo punti con un riccio, la prossima volta procederemo con maggiore cautela”. Questa funzione di avvertimento si radica nella memoria emozionale: un’emozione negativa associata a una situazione dolorosa ci spinge a eludere tale scenario in futuro. Ciò si collega agli impulsi dolorosi che, prima di raggiungere la corteccia cerebrale, interagiscono con i centri di allerta situati nel tronco dell’encefalo.

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Photo by hainguyenrp – Pixabay

Dolore e guarigione: un duo indispensabile

Oltre a fungere da avvertimento, il dolore gioca un ruolo vitale nella guarigione. Rende evidente quando una parte del corpo non dovrebbe essere stressata ulteriormente, permettendo così di recuperare più efficacemente. “Usare analgesici per mascherare il dolore della caviglia infortunata può sembrare un sollievo temporaneo, ma a lungo andare ritarderà solo la guarigione”, spiega Buonocore. Ignorando il dolore, compromettiamo la nostra capacità naturale di proteggere l’area danneggiata.

In sintesi, il dolore non è solo una componente fisica sgradevole da evitare. È un sofisticato sistema di allerta, che la natura ha sviluppato per garantire la nostra sopravvivenza, insegnandoci a evitare pericoli futuri e a gestire meglio le lesioni attuali. Riconoscere la sua complessa interazione con il cervello e il sistema nervoso non solo arricchisce la nostra comprensione, ma ci offre una lente attraverso cui vedere la nostra evoluzione.